Il documentario, filmato tra il 21 ottobre e il 30 novembre 2003, racconta la rappresentazione di Fotofinish non come opera unica e continuativa, ma come l’evolversi nel tempo degli umori e del movimento degli attori che, replica dopo replica, hanno maturato coscienza dello spazio e sono arrivati alla gioia della messa in scena. Partendo dai campi lunghi, girati durante i primi giorni, ci si è spinti sempre più vicini all’evento fino a salire con la telecamera sul palco. Inseguendo il ritmo spasmodico della dinamica performativa, impegnata a manifestarsi nella finzione, il contesto spaziale diventa realtà. La voce recitante, registrata durante una delle ultime repliche, è l’illusione percettiva che conduce l’opera verso un’unitarietà fatta di suoni fuori sincrono e salti prospettici. Il corpo del performer è in mutamento e viene raffigurato nei primi giorni, quando era tondo e sinuoso, e negli ultimi, quando è scarnito e scorticato.